I RAPPORTI DI FRANCESCO MINA’ PALUMBO CON IL MUSEO DE “LA SPECOLA” DI FIRENZE

di FAUSTO BARBAGLI & MARTA POGGESI

Le attività di Francesco Minà Palumbo ed il suo importante contributo alla conoscenza della Storia Naturale della Sicilia, in particolare delle Madonie, sono ben noti grazie ai documentati lavori di Béguinot (I923) e Mazzola (1987), ma meno è stato detto su quanto egli fosse inserito nel contesto della comunità scientifica italiana. Il nostro intervento si propone di illustrare i contatti del naturalista siciliano con il Museo di Fisica e Storia Naturale dell’Istituto di Studi Superiori di Firenze, all’epoca sede delle principali iniziative per lo studio della Zoologia italiana.

Nel 1876 Enrico Hillyer Giglioli, professore di Zoologia ed Anatomia Comparata dei Vertebrati in quell’Istituto dalla fine di dicembre 1869, e Direttore della sezione del Museo annessa alla sua cattedra dal gennaio 1875, avviò la costituzione di una collezione specificamente dedicata alla “fauna vertebrata nazionale, costituita da reperti provenienti dalle varie regioni italiane, la cui finalità precipua era fornire una completa ed esaustiva documentazione di questo settore. La motivazione di questa decisione risiedeva nel fatto che egli riteneva fondamentale, per il progresso della zoogeografia, lo studio delle faune locali e la “funzione importantissima dei Musei e raccolte scientifiche nel radunare serie di esemplari, le più estese possibili, cosi da cogliere i collegamenti esistenti tra popolazioni diverse” (Giglioli, 1892). La raccolta, che si chiamò Collezione Centrale degli Animali Vertebrati Italiani e che, grazie ai meticolosi criteri di catalogazione seguiti, riveste tutt’oggi una notevole importanza per gli studi di faunistica e di fenologia, contava, già all’inaugurazione ufficiale del 6 marzo 1877, 3493 campioni (Giglioli, 1877), testimonianza della grande energia dedicata da Giglioli al suo progetto.

Per procurarsi il materiale, oltre ad organizzare viaggi di raccolta e a mantenere costanti contatti con i principali commercianti di reperti naturalistici, il professore di Firenze si avvalse della collaborazione di naturalisti locali ai quali commissionò la raccolta di campioni delle rispettive regioni da mandare al suo Museo in dono o in scambio (Barbagli & Violani, 1996).

Nella schiera di appassionati che inviarono un cospicuo numero di reperti figura il medico-naturalista Francesco Minà Palumbo, da Castelbuono sulle Madonie, vera e propria autorità scientifica in materia di conoscenza della sua terra.

Si può ragionevolmente supporre che i primi contatti con l’Istituto fiorentino fossero stati promossi da Filippo Parlatore, medico e botanico siciliano, trasferitosi nel capoluogo toscano sin dal 1842 come direttore dell’Erbario Centrale Italiano e professore di Botanica e Fisiologia vegetale presso il Museo di Fisica e Storia Naturale; nelle “Mie memorie” egli ricorda il viaggio compiuto nel 1840 sulle Madonie “in compagnia del dottor Francesco Minà Palumbo, giovine naturalista e mio amico e collega in medicina, e di altri giovani castelbuonesi amici suoi…” (Parlatore, 1992). Le prime testimonianze di rapporti fra il medico siciliano e “La Specola” sono comunque precedenti all’arrivo di Giglioli a Firenze: due sue donazioni di “pesci, rettili e mammiferi di Sicilia”, sono infatti registrate negli antichi registri di Magazzino nel settembre (455 A) e nel novembre (459 A) 1869.

                                            

A partire dal gennaio 1877 si ebbero nuove spedizioni di materiale per l’ormai ben avviata Collezione Italiana; gli invii, che si protrassero fino al 1883, furono in totale cinque e portarono al Museo 33 uova di Uccelli e 192 Vertebrati così ripartiti: 60 Mammiferi, 40 Rettili, 31 Anfibi e 61 Pesci.

La quasi totalità dei reperti è ancora presente in collezione; solo le uova, delle quali non esiste nemmeno una lista completa, hanno subito ingenti perdite, e ne sono giunte a noi appena una diecina. Tra queste, tuttavia, ne restano due di particolare interesse: quelle della Gallina prataiola occidentale Tetrax tetrax tetrax (Linnaeus, 1758), un tempo sedentaria e nidificante in Sicilia (Orlando, 1958), estintasi nel palermitano verso il 1955 e sull’Isola intorno al 1965 (Massa, 1976).

Tra gli Anfibi, il reperto di maggior interesse è senz’altro un maschio di Tritone punteggiato Triturus vulgaris (Linnaeus, 1758), originariamente attribuito a Triton taematus da Giglioli ed in seguito determinato da Peracca come probabile T. italicus (Peracca, 1898). Si tratta dell’unico individuo di Urodelo noto ai nostri giorni per la Sicilia; Minà Palumbo lo aveva avuto dal Dr. Zuccarello Patti, entomologo catanese, che lo aveva raccolto sul Monte Etna.

Nel lotto dei Mammiferi troviamo un consistente numero di reperti di notevole valore storico; in questo figurano ben 13 individui di Arvicola nebrodensis, taxon descritto da Minà Palumbo nel 1868, al quale oggi alcuni attribuiscono valore sottospecifico come Pitymys savii nebrodensis (Minà Palumbo, 1868). I soggetti nel Museo di Firenze, oltre ad essere dei topotipi, essendo stati determinati dal descrittore, si possono considerare metatipi e rivestono quindi un particolare interesse tassonomica e nomenclaturale, anche in virtù del fatto che non si hanno notizie dell’ubicazione e della sorte dei tipi.

Un’altra curiosità per museologi è rappresentata da un esemplare di crocidura, semplice tipo manoscritto di un taxon dalla storia piuttosto singolare. In questo soggetto Giglioli credette di riconoscere una specie nuova e per esso, in un lavoro in lingua tedesca sulla Collezione dei Vertebrati Italiani (Giglioli, 1878), coniò, sia pur con dubbio, il binomio “Crocidura sicura (Giglioli M. SS. sp. nov.?)”, mero nomen nudum perché non accompagnato da alcuna descrizione. Successivamente, il professore di Firenze si persuase di trovarsi di fronte ad un individuo di Crocidura araneus [= Crocidura russula (Hermann, 1780)] e, tornando sui suoi passi, scrisse sulla scheda museale relativa a sette campioni, fra cui quello in questione: “…Una un poco diversa dalle altre fu per qualche tempo da me creduta specie distinta e proposi per essa il nome di C. sicula (v. Giglioli Beiträge zur Kenntniss der Wirbeltiere Italiens Troschels Archiv.” 1878, p. 96, sp. 15.), ma sono venuto ora alla conclusione che non è diversa dalla variabilissima C. araneus.

Oltre vent’anni dopo l’inglese Miller (1901) riesumò il binomio di Giglioli fornendo al contempo una valida descrizione della Crocidura sicula. Nel suo lavoro Miller non fa tuttavia riferimento all’articolo dello zoologo italiano che citerà solo in seguito (Miller, 1912) nell’elencazione della sinonimia di questa specie, redatta per il Catalogo dei Mammiferi del British Museum.

Tra il materiale ittiologico, quattro giovani esemplari appartenenti ad una specie del genere Mugil inviati da Minà Palumbo nell’agosto 1877 fecero sospettare al fondatore della Collezione Italiana di trovarsi di fronte ad una specie inedita. Il primo riferimento a questa entità si ritrova in una lettera del medico siciliano che il 21 novembre 1877 scriveva a Giglioli: “Ho procurato il Mugile della foce del medesimo fiume [= Isnello], che sembrami differente, l’invierò a suo tempo, il Mugile spedito il Cocco non poté definirlo e con dubbio disse essere il saliens…. In seguito, nel già ricordato lavoro in tedesco sulla Collezione dei Vertebrati Italiani compare come “Mugil sp. nov.” e cosi è anche indicato dallo stesso autore nell’Elenco dei Mammiferi; degli Uccelli e dei Rettili ittiofagi appartenenti alla fauna italica e Catalogo degli Anfibi e dei Pesci italiani (Giglioli, 1880) dove è precisato: “Giovani esemplari e perciò mi sono astenuto finora di dare loro un nuovo nome”.

Vari riferimenti a questa forma, della quale Giglioli richiese ulteriori soggetti, contengono interessanti note relative alla tradizione alieutica locale e si ritrovano in altre missive di Minà Palumbo. In una lettera del 5 agosto 1878 egli infatti scrive: “…Spero di far prendere il Mugil, che desidera e le auguro di trovar cosa nuova… “; poi ancora il 6 gennaio 1880: “…Questo anno ho messo tutto l’impegno per avere il Mugile, ma pel mal vezzo di avvelenare le acque coll’Euforbia biglandulosa nella primavera e tutta l’està non è stato possibile trovarne un solo saggio…”; finché il 12 agosto 1881: “…Finalmente ho potuto avere il Mugile del nostro fiume e credo che la specie si estinguerà, perché per abusi alla legge della pesca si avvelena ogni anno e ripetute volte…”. Infine, introducendo la spedizione dei tanto sospirati pesci, aggiunge un’impattante informazione di ecologia della popolazione: “Mando il mugile in due saggi piccolo e grande, non potendo conoscere se sono due specie, vivono nel fiume Monalo, e saliscono sino a tre chilometri dal mare, poi il fiume ha una piccola caterratta, che il mugile non può sormontare…”.

La possibilità di studiare due nuovi individui, di cui un adulto, permise a Giglioli di venire a capo della questione e di annotare sulla scheda di collezione dei sei campioni: “…Il Cocco determinò dubbiosamente questi Muggini pel M. saliens, ed aveva ben ragione. Sulle prime avendo ricevuto soltanto individui giovani, io credetti, colle debite riserve, che si trattasse di specie non descritta (vedi Giglioli, Cat. Pesci ital., p. 33, sp. 232 Firenze, 1880), poi avuto l’adulto ho potuto correggere l’errore”.

Allo stesso periodo risale anche una donazione di insetti emitteri annotata, nel 1879, sui registri di Magazzino degli invertebrati al numero 721. Va ricordato che tutto il materiale inviato a Firenze da Minà Palumbo fu disinteressatamente donato dietro minimi rimborsi delle spese sostenute: “…Per la raccolta si potrà spendere pochissimo, la spesa è per l’alcool. Io vorrei la libertà di comprare l’alcool, e m’avviserà a qual grado l’usa per la conservazione [...]. Farò preparare le scatole di latta, e ben chiuse potranno inviarsi in cassettino, consegnarli allo spedizioniere Medici in Palermo, inviarli a domicilio ave porrà pagarsi l’importo di spedizione…” (lettera del 10 giugno 1877).

La generosità del Naturalista castelbuonese fu d’altro canto sempre riconosciuta da Giglioli che in un suo discorso, tenuto davanti a Pedro II, Imperatore del Brasile, in occasione dell’inaugurazione di una nuova sala per la Collezione Centrale, lo menzionò espressamente fra i “benemeriti” del Museo (Giglioli, 1877).

Nelle lettere del medico siciliano si ritrovano anche interessanti riferimenti che rivelano la difficoltà che all’epoca comportavano la raccolta ed il trasporto di materiale zoologico; egli, infatti, l’11 luglio 1877, scriveva a Giglioli: “…Per lo storno unicolore lo procurerò in autunno, perché vive in Petralia Soprana, e con questo caldo non è possibile giungere qui senza putrefarsi. [...] per procurare de’ pesci si possono avere dall’opposta spiaggia di Cefalù ma d’inverno, perché in questa stagione non possono giungere freschi qui, ma a suo tempo possono procurarsi…”. Anche le spedizioni non dovevano svolgersi sempre con facilità, come testimonia una lettera del 6 febbraio 1880:

“Ornatissimo Signor Gigliuoli

Ho spedito una cassetta col Bufone vivente uno scatolino di latta col Mugile, Gobbio, Hyla, Mus, Arvicola, Goncilo ecc. Più il mio amico Failla Tedaldi, giovine studioso, le invia due insetti, ed una boccetta con mammiferi. Ho spedito rutto in regola sino a Palermo. Colà è avvenuto un caos, apertura della cassa, verifica, sospensione di partenza, ulteriore invio, il bufone vivo è morto avvolto in bambagia con alcool, colà un mio amico ha cercato di rimediare alla meglio, tutto è partito ma non so in quale stato. Per ispedire a grande velocità lo spedizioniere volle garantite £. 15 se la cassetta sarà rifiutata. Non comprendo questa volta perché tanta difficoltà e disturbi, ma almeno giungessero bene meno male. Oggi ho avuto lettera da Palermo, e le dono avviso del tutto per sua norma. Accetti gli attestati di mio profondo rispetto, e mi avviserà del risultato, che auguro buono.

Devot. Fr. Minà Palumbo”.

Il Madonita non limitò la sua collaborazione con il Museo di Firenze al semplice invio di reperti zoologici, ma svolse un’opera di vero e proprio punto di riferimento scientifico dall’Isola. Fu allo scopo di mettere in contatto il professore di Firenze con i cultori delle Scienze Naturali delle varie provincie siciliane che ne offrì un personale quadro panoramico in una gustosa missiva: “…Per le Eolie si potrebbe avere un nome a cui scrivere ma nessuno ha amore per lo studio, [...]. Per Siracusa spero procurarle qualche corrispondente, sebbene dopo la morte di Alessandro Rizza non v’è alcun amatore. Per Girgenti potrà scrivere al Prof. Gaetano Nocito uomo intelligente ed amante del progresso, pieno di bontà, e di cortesie. Per Catania vi è poco da sperare, quei scienziati tutto vogliono a se, e non si prestano ad alcun favore…”.

Nell’archivio della “Specola” non si hanno lettere di Minà Palumbo successive al 1882, ma sappiamo per certo che i contatti con l’Istituzione toscana perdurarono fino alla sua morte. In occasione dell’“Inchiesta Ornitologica, condotta da Giglioli a partire dal 1885 (Barbagli & Violani, 1996 a), il medico siciliano partecipò come corrispondente dalle Madonie stilando, in collaborazione con G. Morici-Minà, l’elenco degli uccelli del suo distretto; è nell’introduzione a tale lista che Giglioli (1890) lo definisce “veterano e chiaro naturalista, riconoscimento quantomai meritato per questa nobile figura del panorama culturale dell’Ottocento siciliano.

                  

 

BIBLlOGRAflA

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GIGLIOLI E. H., 1890 – Primo resoconto dei risultati della Inchiesta ornitologica in Italia. Parte seconda. Avifaune Locali. Le Monnier, Firenze. VIII – 693 (5) pp.

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